«Noi, autori di tutte le discipline artistiche, chiediamo che la vostra proposta di una legge sul copyright rifletta i bisogni dei creatori e la loro battaglia per ottenere un compenso giusto dall’uso delle nostre opere online». Così inizia la lettera sottoscritta da oltre 20 mila artisti e indirizzata al presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker. Tra i firmatari Pedro Almodóvar, Charles Aznavour, Imogen Heap, Agnieszka Holland, gli Hooverphonic, Ennio Morricone, Mikis Theodorakis. La lettera, consegnata dopo un incontro con il vicepresidente Andrus Ansip, prosegue rilevando i vantaggi della rete per la distribuzione dei contenuti, ma sottolineando anche come «i player che dominano il mercato, ad esempio YouTube, sono piattaforme costruite su contenuti caricati o elaborati dagli utenti che portano remunerazioni minime per il nostro lavoro, o addirittura nessuna. Ancora peggio, il fatto che queste piattaforme continuino ad operare così, tende ad abbassare sempre di più il valore dell’intero mercato delle opere d’ingegno, in una cosa corsa senza fine verso il fondo». I firmatari dell’appello sottolineano come per l’Europa questa sarebbe l’occasione giusta per reagire allo strapotere delle piattaforme e introdurre una riforma del copyright che permetta di riequilibrare il mercato e favorire artisti, consumatori e piccole imprese. L’intento, concludono gli artisti, è di evitare questo inaccettabile impoverimento della crescita economica e della creatività in europa». La lettera dei è un nuovo capitolo della «guerra del value gap», in corso da mesi. La piattaforma video di proprietà di Google viene indicata come la principale responsabile del progressivo aumento nella distanza tra la quantità di musica ascoltata online (sempre di più) e i profitti generati per artisti e detentori di diritti (per singolo ascolto, sempre di meno). Il confronto è stato inaugurato dalle principali case discografiche a inizio 2016, ma pian piano ha attirato anche l’adesione degli artisti, che hanno iniziato a criticare YouTube a livello individuale (come Trent Reznor e i Black Keys) o a rivolgersi collettivamente alle istituzioni. Nel 2015, per la prima volta da anni, l’industria discografica ha fatto registrare un significativo rimbalzo nel fatturato globale (+3,2% per un valore complessivo di 15 miliardi di dollari), soprattutto grazie alla spinta degli abbonamenti a pagamento a servizi streaming come Spotify e Apple Music. YouTube rimane tuttavia uno dei principali distributori di musica su Internet: un jukebox fondamentalmente gratuito, contro il quale si è mossa la Gesac, che rappresenta 34 società di autori in 27 Paesi (c’è anche l’Italiana Siae), per un totale di oltre un milione di artisti. Al precedente appello di un migliaio di artisti europei, YouTube aveva risposto sottolineando di aver versato tre miliardi di dollari in royalties all’industria discografica e che la maggior parte dei suoi contenuti è disponibile in seguito alla firma di regolari RASSEGNA WEB LASTAMPA.IT Data pubblicazione: 05/09/2016 accordi con gli aventi diritto (accordi monetizzati con la pubblicità).
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