Nell’edizione di oggi del “Corriere della Sera” è stata pubblicata una lettera del Direttore generale della Siae Gaetano Blandini che risponde all’articolo di Umberto Torelli e alle polemiche suscitate sulla questione del compenso per copia privata. Il DG Blandini ribadisce che il prelievo per copia privata non è una tassa, ma il giusto compenso del lavoro creativo, stabilito da una legge dello Stato italiano che recepisce una direttiva europea. Legge attualmente disapplicata in quanto il previsto aggiornamento delle tariffe non è ancora avvenuto.
“La tutela della copia privata – scrive Blandini – è a favore di una filiera vastissima che va dall’autore all’editore fino al produttore e si ripercuote anche sulla salvaguardia dei posti di lavoro. Sarebbe finalmente arrivato il momento che associazioni e privati, piuttosto che accanirsi contro la SIAE, (che, per legge, non prende provvigioni sugli incassi, ma recupera solo le spese) chiedano alle multinazionali come la Apple il motivo per cui in Italia il prezzo dell’iPhone 5S-64 GB è al netto di Iva e di copia privata di 949 euro a fronte degli 899 euro in Germania e dei 917 euro in Francia. E perché l’equo compenso per la copia privata in Italia è pari a 0,90 centesimi, mentre in Francia è di 8,00 euro e in Germania di 36,00 euro? Parliamo di una cifra 40 volte superiore a quella italiana”.
Il compenso, osserva il Direttore generale della Siae, non deve ricadere sui consumatori ma essere a carico dei produttori che traggono vantaggi dalla possibilità di immagazzinare e riprodurre nei loro apparecchi le opere dell’ingegno: “In una ricerca dell’ottobre 2013 di una società indipendente americana (IHS) – afferma Gaetano Blandini – è stato evidenziato come il fatturato di smartphone e tablet è cresciuto del 900% in meno di sei anni e che per il 2014 il volume crescerà solo del 20%. Bisognerebbe quindi, più che demonizzare gli autori e tutti coloro che lavorano nel campo della creatività e che danno a loro volta lavoro ad altri, ricordare che le multinazionali tecnologiche che producono dagli smartphone ai computer fabbricano i loro prodotti fuori dall’Italia e non pagano le tasse nel nostro Paese”.
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